Aaron Philip, originaria di Antigua, è la prima modella nera transgender e disabile a posare per la copertina di una rivista. La sua carriera è iniziata come freelance, fino a diventare protagonista di campagne come H&M e Asos.
La moda è sempre stata il suo sogno nel cassetto, tanto da superare anche gli ostacoli legati a quella paralisi cerebrale che la costringe a vivere da 18 anni sulla sedia a rotelle. Nonostante questo, infatti, non ha mai smesso di inseguire la passione e il sogno della moda.
Ieri il Corriere della Sera ha dedicato un servizio alla modella per la sua uscita in copertina su Paper Magazine. Qualche istante dopo sono partiti insulti e commenti sessisti. Chiunque abbia provato a difenderla è stato raggiunto dalla medesima ondata di odio.
«Fosse stata pure zingara faceva en plein» è il commento più gradito. Molto apprezzato anche «se va a x factor, Vince a mani basse, pure se non sa cantare. È il mix perfetto di tutte le minoranze più tutelate». C’è chi addirittura rispolvera i vecchi slogan razziali: «Ci mancava solo che fosse Ebrea e stavamo al completo».
Nei social l’insulto contro il personaggio famoso da linciare è ormai un’abitudine. Internet facilita la diffusione dell’odio. È sufficiente che qualcuno esprima il proprio dissenso per accrescere la probabilità che altri trovino il coraggio di farlo. Basta premere un tasto. Peccato, però, che questo finisca anche per provocare tragici eventi annunciati sul web o comunque resi amplificati da internet. Parliamo di minori ma potremmo parlare di donne, uomini, gay e disabili. E a nulla sono servite finora le iniziative dei colossi del web per contrastare questi atteggiamenti.
Anche Papa Francesco, recentemente, ha invitato tutti coloro che scrivono sui social a “usare le parole come il chirurgo usa il bisturi”, perché le parole “feriscono e a volte distruggono le persone”. Anche neri, transgender e disabili.
