ESCLUSIVA / Marco Merusi: un talento “SPAZIALE”

Dal 30 luglio scorso, è corteggiatissimo dai media per aver partecipato al lancio del Rover Perseverance, decollato dal Kennedy Space Center di Cape Canaveral, a bordo di un razzo Atlas 5, con destinazione Marte. Lui è Marco Merusi, 29 anni, di Collecchio, un paese di circa 15.000 abitanti, in provincia di Parma.

E’ dottorando in ricerca scientifica di Planetologia di superficie e Geologia di altri pianeti presso il Niels Bohr Institute, il Dipartimento di Fisica dell’Università di Copenhagen, polo di ricerca di eccellenza di prestigio internazionale.

Dopo le scuole superiori, svolge la triennale in Astronomia a Bologna e la Magistrale a Padova. Partecipa, nel 2017, al programma Erasmus a Liegi, in Belgio, dove segue alcuni corsi. Dopo la magistrale, nel 2019 svolge uno stage di 4 mesi in Francia, vicino Parigi.

Partecipa a molti bandi per dottorati di ricerca in vari istituti in Europa, compreso Copenhagen, dove viene scelto per le sue competenze e titoli, che lo hanno reso il candidato adatto. Entra, così, a far parte di un Team tutto danese formato da circa 40 persone al Niels Bohr Institute. Sin dall’inizio del dottorato, viene immediatamente inserito in un team di 10 ricercatori che lavora al rover Perseverance, inviato su Marte il 30 luglio scorso.

Speriamo che la sua permanenza duri il più a lungo possibile – mi dice – la sua vita è stimata in circa 10 anni. Mi racconta che il suo lavoro a Copenhagen sarebbe dovuto iniziare il 3 marzo. Lo scoppio della pandemia in Italia ha stravolto tutto. Dopo essere riuscito a partire, all’arrivo ha dovuto stare in quarantena fino ad aprile, perché proveniente da un paese a rischio, anche se in Danimarca non cera il lockdown.

Ha potuto lavorare, comunque, in modalità multimediale e, successivamente, nei laboratori fino alla fine di luglio. Al suo rientro a Copenhagen, tra pochi giorni, il lavoro sarà circa al 30%; il restante 70% sarà impiegato per il dottorato, ovvero seguire corsi, assistere a lezioni e laboratori. Dal prossimo anno, con l’atterraggio del rover, il lavoro sarà al 100%.

Mi informa che la durata del suo incarico è di 3 anni e terminerà nel 2023; successivamente, lavorerà con borse di studio post doc di due o tre anni o con assegni di ricerca.

Mi accenna i suoi progetti futuri e dichiara che, se dovesse rientrare in Italia, gli  piacerebbe molto tornare a Padova e lavorare con l’agenzia spaziale ESA. Egli ritiene che l’Italia investe poco in cultura e ricerca, rispetto ad altri Paesi europei, dove si danno molte più opportunità ai giovani. A conclusione del nostro incontro, porgiamo a Marco alcune domande specifiche e tecniche sul suo lavoro, e qualche piccola curiosità sulla sua vita a Copenhagen.

Marco, lei è un ricercatore, e anche molto giovane, con grandi responsabilità e ambizioni. Come ci si sente essere al centro dell’attenzione mediatica

Di sicuro, essere al centro di tale attenzione è un’esperienza a cui non ero abituato, sono sempre stato una persona molto timida. Sono conscio del fatto che ciò a cui sto contribuendo è qualcosa di incredibile (anzi, lo sto ancora realizzando dopo mesi!) e che una forte e corretta copertura mediatica è fondamentale per far capire alle persone l’importanza di questa missione. Mi aspettavo che a livello locale avrei ricevuto un buon riscontro grazie alla particolarità del mio lavoro e all’accostamento con la NASA ma, sinceramente, non di una simile portata. Il mio lavoro non prevede solo ricerca ma anche attività di divulgazione e comunicazione; quindi, ricevere l’attenzione dei media potrebbe diventare una mia responsabilità in futuro.

Lei fa parte di un team che ha lavorato sul Rover che, con una sonda, è stato mandato su Marte il 30 luglio scorso. In modo particolare, il suo lavoro ha riguardato la calibrazione della macchina fotografica Mastcam-Z. Ci spieghi meglio qualche dettaglio

Il rover Perseverance, trasporta essenzialmente 7 strumenti. Uno di essi è Mastcam-Z, una macchina fotografica formata da due sensori che, come due occhi umani, permettono una visione stereoscopica, cioè riconoscono la tridimensionalità. Inoltre, i due ‘occhi’ sono dotati di un potente zoom per osservare oggetti lontani e di filtri per misurare alcune proprietà fisiche a diverse lunghezze d’onda. Lo scopo è di fotografare campioni di roccia in tutti i filtri per costruirne lo spettro, cioè l’intensità con cui riflettono la luce del Sole e, quindi, risalire alla loro natura. Per calibrare Mastcam-Z, in Danimarca sono stati progettati i target di calibrazione, piccoli oggetti colorati montati sul ponte del rover e di cui conosciamo le proprietà dalle misure di laboratorio. Nel corso del 2020, ci siamo concentrati sulla calibrazione preliminare effettuata con il rover in un ambiente marziano simulato che si trova negli USA.

Cosa significa per un giovane ricercatore lavorare in una struttura cosi importante dove lavora lei, la quale porta ad una agenzia di nome NASA

Il Niels Bohr Institute, vale a dire il dipartimento di Fisica dell’Università di Copenhagen in cui sto svolgendo il dottorato, è un polo di ricerca di eccellenza internazionale. Mi ritengo molto fortunato a poter lavorare in questo ambiente così dinamico e stimolante. I miei supervisori Kjartan Kinch e Morten Bo Madsen, oltre ad essere affermati scienziati nel campo delle scienze planetarie, fanno parte del gruppo dei vice-responsabili internazionali di Mastcam-Z con l’affiliazione della NASA, oltre ad avere una lunga esperienza sulle missioni spaziali precedenti della NASA (ad esempio, il rover Curiosity). Lavorare fianco a fianco con loro, con i colleghi del Niels Bohr Institute e – seppur via video – con gli esperti della NASA, è un grande onore, una fonte di ispirazione e un enorme orgoglio per tutto ciò che ho fatto per arrivare qui. Inoltre, mi fornisce la possibilità di far conoscere me, le mie competenze e il mio lavoro agli altri componenti del team del rover, il che potrebbe permettermi di ottenere incarichi più importanti nei prossimi anni o nelle prossime missioni su Marte.

Entriamo un po’ più nello specifico del suo lavoro. Ci fa capire meglio quali saranno i compiti del rover su Marte?

In linea generale, gli obiettivi del rover saranno quattro. Come per tutti i rover, lo scopo principale sarà la geologia: analizzeremo in loco il cratere Jezero per provare a ricostruirne la struttura e la storia geologica. Perseverance raccoglierà campioni di roccia in provette sterilizzate che, dal 2026, verranno recuperate da altre missioni NASA e portate nei laboratori sulla Terra. In secondo luogo, andremo alla ricerca di evidenze della presenza di acqua liquida sopra o appena sotto la superficie. Abbiamo la certezza che essa ci sia in profondità grazie a misure ottenute con i radar, ma rilevare direttamente tracce d’acqua sarebbe un grande risultato. Il cratere Jezero è il luogo ideale per questo, data la sua morfologia che ricorda molto quella di un lago asciutto con una foce a delta di un immissario. Il terzo obiettivo è la vita: Jezero è ricco di minerali carbonati, che potrebbero avere origine biologica (ma anche meramente chimica). Trovare forme di vita microscopiche (presumibilmente fossilizzate) sarebbe un evento senza precedenti. Infine, il rover darà informazioni sugli impedimenti e i rischi per una futura operazione di colonizzazione umana del pianeta. Per quanto riguarda Mastcam-Z, utilizzeremo le immagini delle rocce che essa fotograferà e le calibreremo grazie ai dati di laboratorio relativi ai target di calibrazione. In questo modo, potremo confrontare dati ottenuti in condizioni di illuminazione solare diverse.

In precedenza, su Marte è stato spedito un altro rover conosciuto con il nome di Curiosity.; questo si chiama Perseverance. Ci può fornire ulteriori dati sul suo valore, e sulle sue caratteristiche?

Il rover Perseverance è il veicolo spaziale robotizzato tecnologicamente più avanzato di sempre. La strada seguita dalla NASA per lo sviluppo dei precedenti rover Opportunity e Curiosity è stata quella giusta, e ciò è dimostrato dal fatto che Perseverance ha ereditato buona parte degli strumenti di Curiosity. Ovviamente, ad alcuni sono state apportate migliorie in modo da renderli più potenti, rapidi ed efficienti (ad esempio, Mastcam-Z è l’evoluzione di Mastcam su Curiosity), mentre altri sono veri e propri esperimenti ritenuti meritevoli di essere testati su Marte. Le dimensioni di Perseverance sono molto simili a quelle di Curiosity (all’incirca come un’utilitaria), mentre il costo dello sviluppo e del lancio è stato di poco più di 2 miliardi di dollari, cioè circa 400 milioni più basso di Curiosity.

Oltre agli upgrade di alcuni strumenti ci terrei a menzionare 3 novità. La prima è che un insieme di microcamere filmerà l’atterraggio del rover su Marte: per la prima volta sarà possibile vedere sullo schermo l’arrivo di una sonda sul Pianeta Rosso in prima persona. Poi, lo strumento MOXIE, un dispositivo sperimentale che assorbirà anidride carbonica (principale componente atmosferica) e produrrà ossigeno. MOXIE potrebbe essere determinante per la colonizzazione di Marte e potrebbe avere un’applicazione nella riduzione della CO2 della nostra atmosfera. Ultimo, ma non per importanza, Ingenuity (= ingegnosità): si tratta di un piccolo drone-elicottero dotato di un paio di videocamere che effettuerà alcuni voli pre-impostati muovendosi nell’aria rarefatta di Marte.

Siamo in chiusura del nostro incontro e delle nostre curiosità. Sta per partire per Copenhagen; come si sente?

Dopo alcuni giorni di relax nel parmense, non vedo l’ora di tornare a Copenhagen! Dedicherò una settimana a visitare i dintorni della città e le regioni Hovedstaden e Sjælland, cosa che non ho potuto fare prima a causa del Covid e, successivamente, mi dividerò tra il lavoro in ufficio e i corsi da seguire e insegnare. C’è molta motivazione da parte mia per tutte le attività future che ci porteranno al prossimo momento clou, l’atterraggio del rover su Marte.

Ci racconta come si svolge la sua giornata di lavoro e dopo il lavoro, quando si trova a Copenhagen?

Il lavoro in Danimarca è molto diverso dall’Italia. Gli orari sono molto flessibili e non esistono gli straordinari; quindi, dopo aver svolto le mie ore regolari in ufficio (di norma, non più tardi delle 17), posso staccare completamente la spina; i danesi tengono molto all’equilibrio tra il lavoro e la vita privata per il benessere psicofisico. In questo periodo le giornate sono molto lunghe, quindi, dopo il lavoro, ci si può trovare con gli amici per rilassarsi in qualche parco o sul lungomare, mentre d’inverno si torna direttamente a casa, oppure ci si chiude in un bar ad assaggiare gli smørrebrod, la specialità del luogo. Durante il lockdown nazionale le cose erano molto diverse: fortunatamente per lavorare non avevo bisogno di altro che il mio portatile, quindi parlavo ogni giorno col mio supervisore tramite Skype e gestivo la giornata lavorativa a mio piacimento. Inoltre, il mezzo che uso per andare al lavoro è la bicicletta, quindi il problema dello stress da traffico delle ore di punta non si pone.

Cosa le manca di più dell’Italia? Coltiva degli hobby?

Dell’Italia mi mancano ovviamente il cibo e il meteo. Sebbene qui ci sia una buona educazione all’alimentazione equilibrata, non esiste una cultura culinaria come quella italiana. Si trovano abbastanza facilmente le gastronomie italiane, ma i prezzi sono piuttosto alti. Il meteo invece è terribile, mi mancano molto la stabilità italiana e le belle giornate soleggiate, che in Danimarca sono molto rare dato che, praticamente, piove brevemente quasi tutti i giorni. Tra gli hobby che invece coltivo, ci sono le visite ai musei e ai castelli (la Danimarca ne è ben fornita) e ai mercatini di antiquariato e di libri vecchi: adoro andare alla ricerca di luoghi e cimeli astronomici storici.

Cosa le piace e cosa non le piace della Danimarca

Della Danimarca apprezzo molto tre aspetti. Il primo, che ho già menzionato, è la flessibilità e la filosofia con cui si affronta il lavoro, per cui la qualità e il risultato sono più importanti della quantità e delle ore lavorate. In secondo luogo, mi piace la spinta all’ecologia e all’eco sostenibilità. I mezzi pubblici sono efficienti e in gran parte elettrici, e il mezzo preferito dalle persone è la bicicletta, che aiuta a contenere l’inquinamento e il cui transito è regolato alla pari delle auto. Infine, la burocrazia è estremamente snella e centralizzata (e praticamente tutta su internet), il che evita code infinite agli sportelli, pile di scartoffie e spese pubbliche inutili. Non credo ci siano cose che non mi piacciono della Danimarca, piuttosto riconosco alcune forti differenze di mentalità e di tradizioni. Giusto per citare qualche esempio: è vero che i danesi sono persone molto schive nei confronti degli sconosciuti, ma ciò riguarda solo l’approccio iniziale; l’orario di cena corrisponde a quello della merenda pomeridiana italiana, il che rende difficile organizzare cene tra danesi e italiani; trovare un lavoro è tanto facile quanto perderlo all’improvviso senza spiegazioni (e quasi senza possibilità di appello), infatti è molto comune per i danesi cambiare lavoro periodicamente. Si materializza l’incubo di Checco Zalone in “Quo Vado”: il posto fisso non esiste.

Per un futuro scienziato come lei, quale sarebbe la scoperta più importante che vorrebbe fare

La scoperta possibile, ma estremamente difficile, è la vita. Il mio sogno sarebbe vedere coi miei occhi (e calibrare) la foto di Mastcam-Z di un campione di roccia con il fossile di un microrganismo, senza l’incertezza che possa trattarsi di una conformazione geologica non biologica. Essa sarebbe una scoperta di portata epocale, ma temo che la conferma definitiva sarà possibile solo con la presenza su Marte di esseri umani, quindi nel giro di 20-30 anni. Volendo restare coi piedi per terra, trovare tracce di acqua liquida sarebbe tanto probabile quanto fondamentale, poiché ci permetterebbe finalmente di stabilire con certezza che miliardi di anni fa Marte era quasi una copia della Terra, con oceani e continenti.

 

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