Salerno, le baby gang e il fallimento del sistema educativo

di Licia Amarante (YouCamp)

Il fenomeno è nazionale, ma assume nel Distretto di Salerno dei connotati particolari: l’aggressività dei minori salernitani non è frutto di disagio sociale ed economico, disagio che caratterizza la maggior parte delle azioni violente dei coetanei della limitrofa Napoli, ma piuttosto un disagio che potremmo definire ‘esistenziale’. Così si è espresso il Procuratore presso il Tribunale dei minori di Salerno, Dott. Patrizia Imperato, durante l’inaugurazione del corrente anno giudiziario. L’analisi prosegue evidenziando sia che le famiglie di provenienza di questi minori sono, per la maggiore parte, normo-costituite e prive di problemi economici sia che sono in aumento i reati informatici, riscontrabili dai cellulari, scatola nera degli adolescenti. E non solo si sottolinea la necessità di reprimere il fenomeno, ma si invita ad istituire una sinergia con istituzioni, scuole e famiglie. Le parole del Procuratore sono macigni – o dovrebbero esserlo – per tutto il mondo adulto, ancora di più per chi si occupa della formazione e dell’educazione di minori. E la sinergia non dovrebbe essere un invito, ma un obbligo ineludibile, perché il mondo adulto, da tempo, ha di fatto abbandonato i ragazzi. Negli ultimi trent’anni si è assistito ad un progressivo ‘allontanamento’ educativo: la famiglia, così come le istituzioni scolastiche, hanno sostenuto una strada educativa ‘amicale’, dove le regole vengono azzerate o patteggiate di continuo. L’iperprotezione, spesso dovuta alla paura di fronte alla complessità del mondo; l’incapacità educativa che si tramuta in eccesso di comprensione; l’egoismo e/o l’autoreferenzialità, incompatibili con l’attenzione, la dedizione e le conseguenti rinunce necessarie nell’atto educativo/formativo sono tra le cause di un tale atteggiamento. La mancanza di regole, questa sorta di ‘anarchia sociale’, non ha avuto neanche un sostituto in punti di riferimento esterni, venute progressivamente a mancare realtà come i partiti o qualsiasi altra forte realtà aggregativa, contesti in cui non solo esercitare capacità relazionale, ma anche fonte di stimoli culturali. Il deficit culturale, inoltre, molto forte nelle regioni meridionali, è sicuramente un altro punto dolente della questione, perché determina mancanza di senso critico. Questo progressivo abbandono del mondo adulto ha causato nei ragazzi un altrettanto progressivo senso di solitudine, accompagnato da latente noia esistenziale e da mancanza di obiettivi da raggiungere. Naturale diviene la ricerca di ‘riempitivi’ che siano il ‘branco’ o le droghe o forme di prostituzione, anche per gioco. Questo scenario, sicuramente nazionale, a Salerno viene aggravato dall’immobilismo conservatore in cui una parte della società, ancora arroccata ai ‘valori’ degli anni berlusconiani, è sostenuta anche da  un sistema politico e sociale di impronta camorristica, dove vige, cioè, un sistema di arroganza e prepotenza, spesso basate sul poco o sul nulla. L’assenza del mondo educativo/formativo si fa, dunque, più grave e più complessa, anche perché, come evidenziato dal Procuratore Imparato, tocca un ceto medio-alto che vive nascosto dietro un’ipocrisia di facciata. Le famiglie, di fatto, non ci sono, prese dal mantenere un modello di vita personale mondana ed eternamente giovanile, o non sanno esserci, limitando la loro funzione genitoriale al garantire il benessere economico o al superficiale controllo delle valutazioni scolastiche. La scuola, molto spesso, supporta questo modello errato con eccessi di tutela sia dal punto di vista formativo – non è un caso che statisticamente nei licei si boccia molto meno che nei professionali – sia dal punto di vista educativo, laddove il rispetto anche delle più banali regole di convivenza viene continuamente ignorato o screditato. I genitori ed i docenti, che dovrebbero essere figure di riferimento, perdono così la loro credibilità agli occhi dei ragazzi, credibilità ancor più compromessa allorquando le due parti sono l’una succube dell’altra in qualche modo (non è infrequente il caso di genitori che decidono le valutazioni scolastiche dei figli o di docenti che, in vari modi, garantiscono ai genitori una buona valutazione). Eppure, i ragazzi, a scuola come a casa, cercano le regole. Anche per violarle, come è naturale nell’adolescenza. E ci parlano in vario modo, chiedendo la nostra attenzione e la nostra dedizione. Chiedendoci di essere adulti. Di essere un riferimento. Basta osservarli, ascoltarli, conoscerli ed accorgersi che questa cosiddetta Generazione Z è piena di valori tanto quanto piena di fragilità. Valori che, ovviamente, il mondo adulto può non condividere, ma che almeno deve fare lo sforzo di conoscere e, perché no, contrastare. Non è forse un fatto naturale e di crescita lo scontro generazionale? Fragilità, al contrario, di cui il mondo adulto deve farsi carico e sanare. Le alte percentuali di problemi psichici, di uso di alcol e droghe, di atteggiamenti o atti criminali da parte di minori sono un campanello di allarme, ma soprattutto una richiesta di aiuto che saremmo folli a non ascoltare per il benessere di questi ragazzi, ma anche per il futuro di tutti, avendo davanti ai nostri occhi quanto danno hanno provocato i lunghi anni di egoistico disinteresse culturale, formativo e educativo. Insomma, non resta che cambiare rotta.

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