Parola all’esperto: il disturbo bipolare

Dr. Gianfranco Del Buono

 Ognuno di noi ha conosciuto direttamente o indirettamente persone che hanno attraversato lunghi periodi di sofferenza interiore, di disperazione, di angoscia, difficilmente comunicabile agli altri. Queste persone, prostrate da una stanchezza inspiegabile, possono trascorrere la maggior parte del tempo senza riuscire a svolgere alcuna attività. Sembra svanito qualunque desiderio, piacere, anzi ogni attività è immaginata come un ostacolo insormontabile, sono impossibili anche banali attività quotidiane (come la cura dell’igiene personale). Anche alimentarsi è inutile, non c’è più fame, anzi alcuni avvertono una strana sensazione alla bocca dello stomaco, come se in questo punto si andassero a localizzare i sentimenti negativi come tristezza e malinconia. Tutto è dolore, la vita non vale la pena di essere vissuta. Si considerano delle persone fallite e senza alcuna speranza in un futuro migliore, riescono a esprimere agli altri solo sentimenti negativi e intrisi di pessimismo. A ciò si aggiunge l’insonnia: ci si sveglia in mezzo alla notte e non si riesce a riprendere sonno, con i pensieri che martellano sempre sugli stessi argomenti in maniera ossessiva, e così fino alle prime luci dell’alba, quando arriva la consapevolezza del peso del nuovo giorno che ricomincia, e parimenti ricomincia la sofferenza, e queste prime ore del mattino sono le più dure da affrontare.

Poi, queste stesse persone improvvisamente cambiano, si trasformano nell’opposto di quello che erano solo un po’ di tempo prima. In quest’altra fase, sono felici, allegre, piene di ottimismo ed affrontano con grande energia la vita, anche il loro modo di parlare è cambiato: parlano molto e velocemente, saltando da un argomento all’altro. Sono iperattive e instancabili. Si sentono più creative, tutto è possibile, sono in grado di progettare tantissime cose, anche le più bizzarre e impossibili; si lasciano andare a spese eccessive, che mettono a repentaglio l’economia della famiglia. Se si sentono ostacolate nella loro progettualità, il loro umore euforico diventa irritabile ed in qualche caso scaricano “l’adrenalina”, che corre nel loro corpo, in comportamenti rabbiosi e financo violenti.

Con queste poche righe si è provato a descrivere il disturbo bipolare, un disturbo psichico tra i più gravi, il cui nome testimonia appunto la sua “doppia faccia”, caratterizzato da un alternarsi di episodi depressivi (in cui possono comparire anche idee e comportamenti suicidari) e di episodi in cui l’umore è euforico, sopra le righe (gli episodi maniacali): un vivere sulle montagne russe, in cui si è perso l’equilibrio, la stabilità. Tali episodi, si badi bene, non durano pochi momenti, come capita a tutti noi presi dalle vicende di vita, ma sono molto lunghi (settimane, mesi e in qualche caso anni).

È una sindrome grave, che costituisce una delle maggiori cause di disabilità secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Il disturbo bipolare è più diffuso di quello che si pensava un tempo: nelle sue varie forme può raggiungere una frequenza nella popolazione generale pari al 3% circa.

Ma è una condizione clinica che può e deve essere curata, che necessita di trattamenti specialistici complessi, sia di tipo farmacologico che psicoterapeutico.

Il trattamento farmacologico riveste una particolare importanza, e prevede una doppia strategia: da una parte è necessario un intervento farmacologico teso a prevenire gli episodi di malattia o a rallentarne la frequenza, che va attuato con farmaci appartenenti alla classe degli stabilizzatori dell’umore. Dall’altra diventa necessario intervenire sulla fase acuta, per cui si utilizzano gli antidepressivi nella fase depressiva, o gli antipsicotici nella fase euforica.

La psicoterapia ha un ruolo importante di supporto a persone che necessitano di essere accolte nella loro sofferenza, a volte incomprensibile: in momenti della vita in cui tutto sembra naufragare, e bisogna ritrovare un senso alla vita stessa, è necessario sviluppare una relazione interpersonale che possa costituire un’ancora a cui aggrapparsi, un punto di riferimento solido.

Le conoscenze attuali non permettono di delineare con esattezza le cause o i meccanismi che portano le persone a soffrire di questa malattia, la cui origine va ricercata in una complessità di cause. C’è una predisposizione genetica, che può spiegare le modificazioni della biologia del sistema nervoso; su questa base poi possono agire da fattori scatenanti degli episodi alcune esperienze stressanti (soprattutto quelle esperienze negative vissute nell’età infantile, che hanno avuto il significato di perdita di una persona amata).

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